Quanto costa aprire una partita IVA in regime dei minimi


Molti giovani oggi si trovano nella condizione di aprire una partita Iva per poter lavorare, ma grazie al regime dei minimi in vigore dal 2008 si può approfittare di qualche vantaggio fiscale, soprattutto di costi più contenuti. Il problema principale, però, è comunque rappresentato dalla burocrazia e dalla difficoltà di comprendere esattamente il costo. Va precisato, prima di addentrarsi tra le spese da sostenere, che il 2017 è stato un anno di novità. In particolare la Legge 208 del 2015 ha confermato il regime forfettario, altrimenti detto regime dei minimi.

Chi ha usato tale opportunità nel 2016 ha potuto proseguire nel 2017 e si appresta a farlo anche nel 2018. La scadenza naturale, però, coincide con il compimento del 35° anno di età oppure con la conclusione del quinquennio di attività. Infatti quando si apre la partita Iva agevolata ci sono cinque anni di regime dei minimi, terminati i quali si passa alla tassazione ordinaria. Per usufruire della riduzione delle imposte e della contribuzione è comunque necessario rispettare i requisiti dei ricavi o dei compensi, altrimenti decadono i benefici.

L'adesione al regime forfettario

Coloro che hanno aperto la partita Iva agevolata nel 2017 ha potuto sfruttare alcuni esoneri che proseguono per cinque anni a meno che non si superino i massimali di incasso. Le esenzioni riguardano:

- l'applicazione e il versamento dell'Iva, a fronte di un impedimento di scaricare l'Iva pagata con gli acquisti;
- la registrazione delle fatture emesse;
- la registrazione delle fatture ricevute in seguito ad acquisti effettuati;
- la tenuta e la conservazione di registri e della documentazione, con l'eccezione delle fatture riferite ad acquisti e delle bollette doganali;
- la dichiarazione Iva annuale;
- la comunicazione dello spesometro semestrale o annuale;
- la comunicazione della black list;
- la comunicazione inerenti la ricezione di dichiarazioni d'intento.

Il regime dei minimi 2017 prevede solamente l'obbligo di:
- numerare e conservare le fatture relative agli acquisti effettuati e alle bollette doganali;
- certificare e conservare i corrispettivi;
- presentare le liste con il riepilogo delle transazioni effettuate a livello intercomunitario;
- versare l'Iva pagata negli acquisti di beni intracomunitari per un importo annuale superiore ai 10 mila euro e ai servizi ricevuti da persone non residenti con l'applicazione del reverse charge.
Si viene altresì esclusi dall'Irap.

I costi della partita Iva in regime dei minimi

Una volta approfondite le regole introdotte per facilitare il contribuente e ridurre il carico fiscale per chi ha appena iniziato a lavorare in proprio, si può passare a esaminare l'aspetto economico. Quanto costa aprire una partita Iva in regime dei minimi? Non ci sono spese amministrative e fiscali legate alla partita Iva, ma ci sono importi da corrispondere ai professionisti che disbrigano le pratiche per conto del cliente. I commercialisti infatti sollevano il titolare della partita Iva forfettaria dalle incombenze, ma richiedono giustamente un compenso, variabile e soprattutto legato all'attività svolta dal cliente. Infatti tra professionisti, artigiani e commercianti ci sono tariffe diverse. Normalmente ci sono pacchetti che includono un certo numero di fatture e prevedono costi fissi per l'apertura e la chiusura, all'occorrenza, della partita Iva.

L'onorario del commercialista per chi ha una partita IVA in regime dei minimi

Rivolgersi a un esperto richiede il pagamento di un onorario come corrispettivo di un servizio ricevuto. Mediamente per apertura, gestione della contabilità e dichiarazione dei redditi si prevede una spesa variabile tra i 500 e i 750 euro. Un certo numero di fatture e di attività sono incluse, ma ovviamente i fattori che influenzano l'importo sono i più disparati. Se invece si preferisce fare tutto in completa autonomia si risparmieranno tali costi, ma resta il rischio di commettere errori senza una competenza specifica e l'esperienza necessaria.

Il fisco e l'Inps ovviamente emettono sanzioni per gli sbagli e per questa ragione è bene fare attenzione. Si potrebbe spendere molto di più facendo da soli, perché la multa potrebbe facilmente superare l'onorario del commercialista. Le parcelle possono essere discusse con il professionista, in modo da contenere i costi a fronte di un servizio personalizzato su un numero minimo di fatture e di interventi. Inoltre molti commercialisti praticano l'assistenza online, così da permettere un ulteriore contenimento dei prezzi.

Il regime dei minimi e i suoi limiti

Chi desidera aprire una partita Iva in regime dei minimi deve tenere presenti i limiti reddituali, diversificati a seconda dell'attività svolta:

- 30 mila euro per professionisti, artigiani, ambulanti di prodotti diversi da alimenti e bevande e imprese;
- 40 mila euro per ambulanti di alimentari e bevande;
- 50 mila euro per commercianti, alberghi e ristoranti.

Il reddito imponibile viene calcolato con un regime fiscale forfettario. Non si scaricano costi di alcun genere, ma si paga l'imposta sostitutiva del 15%. L'apertura della partita Iva, però, prevede una spesa fissa della Camera di Commercio, perché ogni impresa, anche quella individuale, deve essere iscritta al Registro delle Imprese. Il commercialista include il servizio nel compenso pattuito, ma resta comunque da corrispondere direttamente all'ente il diritto di segreteria e il bollo. Generalmente si aggira, a seconda dell'attività svolta, tra i 35 e i 55 euro. Infine l'Inps prevede il versamento di cifre forfettarie annuali di circa 4 mila euro, ma anche in questo caso ci sono differenze in base all'ambito toccato dall'attività lavorativa.