Acqua pericolosa

Comuni d’Italia con acqua pericolosa

Dopo lo scandalo dell’acqua all’arsenico di 2 anni fa, sono ancora tanti i comuni d’Italia a non essere in regola e, sebbene tutti i cittadini indistintamente paghino il servizio, anche ad oggi non in tutte le case arriva acqua bevibile.

Quasi 1 milione di persone infatti e il più delle volte senza neanche saperlo, porta in tavola acqua considerata non a norma, ovvero acqua ritenuta in regola unicamente attraverso leggi ad hoc. Purtroppo in ancora più o meno 100 comuni d’Italia, l’acqua che arriva nelle case non onora i criteri di sicurezza che il ministero della salute ha istituito per assicurare il benessere dei cittadini. Sfortunatamente in questi comuni d’Italia è molto rischioso anche consumare pane o qualsiasi altro prodotto che contenga l’acqua della zona.

Ma le abrogazioni che permettono ai comuni d’Italia “fuori legge”di mantenere funzionanti gli acquedotti anche con acque nocive, sono in procinto di decadere e l’ultimo giorno valevole infatti per mettersi a norma è il 31 dicembre 2012, anche se non si sa ancora se la scadenza verrà prorogata ulteriormente o se sarà onorata. La questione riguarda circa 20 comuni d’Italia della Toscana, un piccolo comune in Campania, ma principalmente l’intera regione Lazio, dove addirittura 2 completi distretti, ovvero Viterbo e Latina, con pochissime esclusioni, hanno ancora acquedotti che forniscono acque pericolose. Ma quali sono le sostanze incriminate? I materiali presenti in sovrabbondanza, ma permessi dalle deroghe, sono arsenico, fluoro e boro: l’arsenico è notoriamente cancerogeno, gli altri 2 non sono certamente benefici. Sono ormai oltre 10 anni che si assiste ad una continua battaglia tra i comuni d’Italia, i responsabili della fornitura idrica, i dipartimenti competenti, le associazioni dei consumatori e l’Unione Europea, ma ancora non si intravede la fine.

Addirittura nel gennaio di quest’anno il Tar del Lazio ha condannato le amministrazioni di Ambiente e Salute all’indennizzo dei danni subiti dai cittadini di 5 regioni e cioè agli abitanti di Lazio, di Toscana, del Trentino-Alto Adige, di Lombardia e dell’Umbria, per aver consentito il consumo di acqua con arsenico oltre i valori massimi stabiliti dalla legge, senza per altro informare convenientemente i residenti del rischio che correvano. Pensate che l’arsenico viene indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno delle cause più frequenti di cancro a polmoni, vescica, rene e pelle. La legislazione consente un limite di sopportazione di 10 mcg/l, ma i comuni d’Italia con abrogazione hanno l’autorizzazione di elevarla al doppio, ovvero a 20 mcg/l, sempre che avvisino la popolazione e permettano ai bambini al di sotto dei 3 anni, alle donne incinta e all’industria alimentare di ottenere acqua effettivamente bevibile. Ma non sono stati decisi dei controlli per appurare che tutto questo succeda realmente.