Vengono rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Cina gli studi relativi alla messa a punto di due innovazioni tecnologiche, diverse fra loro ma di pari rilevanza sociale ed economica, volte a risolvere problematiche di un certa importanza. La prima è un braccio robotico per aiutare invalidi o disabili a mangiare da soli; l’altra un dito robotico, impiegato soprattutto nelle industrie – ma non solo – in grado di riconoscere i materiali che tocca. Due parti del corpo umano robotizzate e provviste di intelligenza artificiale, idonee ad intervenire per risolvere bisogni e problematiche, al servizio della comunità.
ADA, il braccio robot per mangiare in autonomia
Si chiama ADA (Assistive Dexterous Arm) ed è stato ideato, progettato e realizzato da un team di ricercatori della Washington University. Consiste in un braccio robotico controllato da un software che raccoglie il cibo e lo porge alla persona che ha di fronte. Può essere collegato anche alla carrozzina per disabili e/o al letto del paziente.
È in grado di riconoscere la tipologia di cibo presente nel piatto di portata, in modo da imboccarla con la modalità più adeguata. Come un assistente umano, l’intelligenza artificiale di ADA sa come utilizzare le posate: tramite il sistema di visione RetinaNet, il braccio robot identifica il tipo di alimento che deve porgere al paziente. Tramite il comando SPNet e un complesso sistema di sensori, il braccio robot ha facoltà di muoversi agevolmente nello spazio e di orientarsi in modo adeguato: questo gli permette di avvicinarsi alla bocca dell’assistito e porgere il cibo con forchetta o cucchiaio, con estrema delicatezza e precisione.
Il braccio robotico per mangiare in autonomia è quindi una soluzione rivoluzionaria per le persone che hanno impedimenti fisici e motori in questo senso. Sul suo utilizzo, però, qualcuno ha comunque sollevato alcuni dubbi di natura etica: si pensa che l’eccessivo rivolgersi a mezzi tecnologici dall’intelligenza artificiale nell’accudimento di malati, invalidi, disabili e anziani comprometta il rapporto fra assistito e assistente più umano ed empatico, rendendo la cura della persona una mera pratica meccanica e solitaria. D’altro canto chi ha ideato e progettato ADA spiega che l’intento era invece quello di aiutare le persone a rendersi più autonome e indipendenti, ove e per quanto possibile, dalla cura degli altri, contribuendo ad aumentarne auto-stima e a raggiungere un buon equilibrio psicologico.
Un dito robotico che sa riconoscere i materiali che tocca
Il dito robotico ideato e progettato in Cina, dai ricercatori dell’Institute of Nanoenergy and Nanosystem di Beijing, è una tecnologia che avrà utilità soprattutto nei settori industriale e produttivo. La tecnologia sviluppata dagli ingegneri cinesi è un dito robot che riconosce i materiali che tocca con un livello di oltre il 90% di precisione. Nei sistemi di automazione delle fabbriche o nei magazzini interverrà nel controllo qualità e/o nello smistamento dei prodotti e delle merci.
Ad oggi esistono già diversi macchinari con sensori capaci di riconoscere alcune caratteristiche della superficie di un oggetto, come pressione e temperatura, ma nessuna tecnologia che sappia individuare con precisione di quale materiale sia fatto. Il dito robotico ideato all’Istituto di Beijing, si avvale di una serie di sensori triboelettrici – ossia capaci di rilevare se una superfici riesce a prendere o rilasciare elettroni – con la capacità di identificare la ruvidità del materiale che tocca. Sulla punta del dito robot sono disposti quattro sensori quadrati: una volta in contatto con l’oggetto da analizzare, gli elettroni di ogni sensore interagiscono con la superficie e ne rilevano le caratteristiche. Alla fine dell’indagine, sullo schermo a LED, appare scritto il nome del materiale.
È stato testato su una gamma di 12 materiali diversi, fra cui il vetro, il silicone, la plastica e il legno, su centinaia di campioni. La risposta del dito robotico è stata precisa, in media, per il 96,8% dei test e mai con percentuali di risposta esatta al di sotto del 90%. Anche se attualmente si pensa a un suo utilizzo più nel settore dell’industria che non in quello socio-sanitario, non si esclude che un domani non troppo lontano possa essere impiegato anche in campi come la medicina, la protezione e la sicurezza civili.