Ti dico la verità, costruire un personal branding online è come piantare un seme in un terreno che non sai se è fertile o una discarica. Non c’è un manuale preciso, non c’è la formula magica che ti fa spuntare come un fungo dopo la pioggia. Però una cosa la so: se non ci provi, rimani al palo. E io, che sono sempre stato uno che si butta, ci ho provato. Funziona? Boh, dipende dai giorni. Però intanto sei in pista. E già questo è oro.
Prima domanda: chi sei davvero?
Te lo sei mai chiesto? Tipo sul serio. Non quelle robe da curriculum che ti chiedono alle cene di lavoro. Intendo chi sei quando sei da solo, che ti guardi allo specchio e dici “ma io che voglio fare?”. Ecco. Perché il personal branding online parte da lì. Se non sai chi sei, come fanno gli altri a capirlo? Non puoi venderti se non sai che merce sei (passami il paragone da mercatino rionale, ma rende l’idea).
Io, per esempio, ci ho messo anni a capirlo. Pensavo di essere uno che scriveva bene. Poi ho capito che ero uno che raccontava storie, anche storte, anche brutte, ma vere. E la gente lo sente quando sei vero. Se sei una maschera, dopo un po’ si vede il trucco che cola. Fidati.
Chi vuoi che ti segua?
Oh, mica possiamo parlare a tutti! Se parli a tutti, non parli a nessuno. Io questa cosa l’ho capita dopo aver scritto post che non si filava nessuno. Perché non avevo in mente nessuno. Parlavo al vuoto. Devi immaginarteli, quelli a cui vuoi dire le cose. Io, per esempio, scrivo come se parlassi al mio amico Ale, che sta sempre lì a chiedermi “come si fa a…?”. E rispondo. Fine.
Il personal branding online funziona solo se trovi la tua tribù. Non è detto che ti piacciano tutti, eh. Ma intanto quelli che ti seguono, ti ascoltano. Ed è quello che conta. Non i numeri. Le persone.
Dove ti metti? scegli bene!
Altro sbatti che ho capito sulla mia pelle: stare ovunque è impossibile. Ti sfianca, ti prosciuga. All’inizio ero ovunque: Facebook, LinkedIn, Instagram, pure TikTok (e lì ho capito che era un altro pianeta). Non dormivo più. Alla fine ho mollato un po’ di roba e ho capito che stare bene in due posti era meglio che arrancare in dieci. Un po’ come quando esci: meglio un bar con gli amici stretti che dieci locali dove non conosci nessuno.
Quindi scegli. Magari tu stai bene su Instagram, o magari su LinkedIn, dipende. Però quello che importa è che lì sei tu, vero, senza filtri (o almeno senza filtri che ti snaturano). Il personal branding online è un po’ come scegliersi casa: deve somigliarti.
Cosa racconti? come lo racconti?
Ora, su questo ci faccio sempre un pensiero. Perché tutti dicono: crea contenuti di valore. E io mi dico: sì, ma che cavolo vuol dire? Che devi fare il professorone? Ma anche no. Secondo me, valore vuol dire raccontare cose che servono, che fanno sorridere, che fanno riflettere. Dipende da chi sei.
Io, ad esempio, non sono quello che ti dà le 10 regole per crescere sui social. A me piacciono le storie di pancia, quelle che quando le scrivi hai il nodo in gola o la risata pronta. E il valore è quello. Se sei tecnico, vai tecnico. Se sei emotivo, vai emotivo. L’importante è che sia roba che se la leggi, non te la scordi dopo due minuti. E no, non serve essere perfetti. Anzi. La perfezione è noiosa.
E poi oh, personal branding online vuol dire anche esporsi. A volte dici la cosa sbagliata, a volte ti contestano. Ma sei lì, sei vivo. Meglio di mille silenzi.
Parlaci con la gente, non sparire
Lo dico sempre: non fare come quelli che postano la foto della pizza e poi spariscono. No, fratello mio. Se ci sei, ci devi essere per davvero. Se qualcuno commenta, rispondi. Se qualcuno ti scrive, leggi. Non serve rispondere in un minuto, ma fallo. Altrimenti sei un cartellone pubblicitario e basta.
Io ho fatto amicizie vere partendo da commenti su post scemi. E alcuni sono diventati clienti, altri amici, altri ancora solo passaggi di vita. Ma sono scambi veri. E il personal branding online vive di questo. Di scambi, non di monologhi.
Cambia tutto, sempre
E mo’ arriva la parte tosta. Cambiare. Perché il web è come il mare: oggi calmo, domani tempesta. Non puoi star fermo. Io ogni tanto guardo i post vecchi e mi faccio paura da solo. Sembravo un’altra persona. E meno male. Perché se sei sempre uguale, sei morto dentro (parere personale).
Il personal branding online va rivisto, ritoccato, aggiustato. Non per piacere agli altri, ma per restare in corsa. Perché se cambi tu, cambia anche la voce che hai. E va bene così. Anzi, è bello così.
Morale? sii te stesso, ma per davvero
Alla fine gira e rigira sempre lì si torna. Se non sei te stesso, non dura. Magari reggi un mese, due, un anno. Ma poi scoppi. Essere autentici è l’unica cosa che paga nel lungo periodo. E la gente se ne accorge. Io lo vedo ogni volta che racconto una cosa che mi è successa per davvero: le persone si fermano, leggono, rispondono. Perché si sentono dentro la storia.
Quindi oh, se vuoi fare personal branding online, buttati. Raccontati. Sbaglia. Impara. Ricambia. Ma non fingere mai. Che tanto non funziona.