La provincia di Asti è caratterizzata da colline a perdita d’occhio, casali in tufo, vigne ordinate. Qui il vino non è solo bevanda: è memoria liquida. Chi cerca bottiglie da collezione trova un ventaglio di denominazioni che parlano lingue diverse della stessa terra, dalla Barbera d’Asti al Nizza, dal Ruché al Grignolino, fino ai passiti di Loazzolo e alle bollicine storiche di Canelli. Ci sono annate più pregiate di altre, poi c’è l’incanto di nomi che hanno fatto scuola, cantine che hanno cambiato il destino di un vitigno e l’immaginario di un territorio.
Il regno della Barbera e il trionfo del Nizza
A contare davvero, ad Asti, è la Barbera. Nelle versioni Barbera d’Asti DOCG e, soprattutto, Nizza DOCG. Quest’ultimo ha ottenuto la sua DOCG nel 2014, è un fazzoletto prezioso di vigne selezionate attorno alla città di Nizza Monferrato. Le annate recenti premianti per struttura e finezza—2015, 2016, 2019, 2020 e 2021— mostrano una tenuta sorprendente e un crescendo armonico che rende giustizia al Monferrato astigiano.
I pionieri e i vini da collezione
La storia, però, l’hanno forgiata i visionari. Basti pensare a Braida: Bricco dell’Uccellone, dal 1982, ha dimostrato che la Barbera può regalare emozioni da vino “maggiore” e muoversi con naturalezza tra solida materia e velluto tattile. Bottiglie come queste sono calamite per collezionisti: cercano l’annata amica (2016 profonda, 2019 nitida, 2020 generosa) e riservano spazio in cantina per vedere cosa succede quando il tempo addolcisce l’acidità. Accanto, un’altra maison di razza: Scarpa, con La Bogliona, scolpisce Barbera d’Asti longeve, capaci di inserire il territorio nella voce stessa del vino. Sono interpretazioni diverse della stessa lingua: il legno come cornice, il frutto come cuore, il territorio come firma. E quando il collezionista si appassiona, non compra solo bottiglie: compra traiettorie, piccole scommesse felici sull’equilibrio che verrà.
Ruché, Grignolino e i tesori nascosti
Il fascino astigiano non finisce nella Barbera. Il Ruché di Castagnole Monferrato ha una personalità teatrale: profumi di rosa e spezie, pepe e ciliegia sotto spirito, una voce aromatica che si riconosce a occhi chiusi. Per chi ama il colpo di scena, alcune interpretazioni—come quelle di Ferraris o Montalbera—regalano bevibilità sensuale e, nelle annate fresche, una tensione che accende la tavola. Il Grignolino d’Asti è l’altro volto raro: colore lieve, tannino puntuto, profumi ariosi; è il rosso che fa il solletico all’intenditore, quello che chiede bicchieri grandi e piatti sapidi. E poi c’è Loazzolo, passito di Moscato prodotto in un microcomune che pare un balcone sul mondo: gocce d’ambra da centellinare, miele d’acacia, agrumi canditi, erbe d’Appennino; il Forteto della Luja ne è ambasciatore storico. Queste bottiglie da collezione non competono con la Barbera sul ring della longevità “muscolare”, ma vincono per fascino, rarità, unicità gastronomica: perfette come chicche da fine serata, preziose sullo scaffale di chi colleziona cose che si lasciano amare.
Bollicine di Canelli e il mito del brindisi
E le bollicine? Canelli custodisce la memoria italiana del perlage: le “cattedrali sotterranee” raccontano una tradizione che ha plasmato l’identità del Moscato spumante e, più in generale, il mito del brindisi piemontese nel mondo. L’Asti—nelle versioni dolci e aromatiche—non nasce per il lungo sonno, ma alcune selezioni storiche, i metodi classici di cantine monumento e le annate particolarmente equilibrate sanno sorprendere nell’arco di pochi anni con un profilo più cremoso, note di salvia e agrumi maturi, una dolcezza che si fa carezza. Per chi colleziona, il senso sta nel raccontare una storia diversa: mettere accanto al rosso importante il nettare fragrante che ha stregato generazioni, riconoscere alla provincia di Asti non solo la profondità dei rossi ma anche la gioia immediata delle sue bolle.
Annate prestigiose e il piacere di condividere
Quale annata scegliere, quindi, per accaparrarsi delle bottiglie da collezione? Per la cantina, le Barbera d’Asti e i Nizza delle vendemmie 2015 e 2016 hanno stoffa classica: struttura, acidità, allungo saporito. Le 2019 e 2020 sommano finezza e energia, con un frutto più scolpito e un passo già godibile. Chi desidera stappare subito può puntare sulle versioni “base” più recenti di Barbera d’Asti, piene e scattanti, oppure perdersi nella seduzione aromatica dei Ruché annata e nella croccantezza del Grignolino: rossi dinamici, gastronomici, perfetti per una tavola che non ha paura di cambiare marcia. Il collezionista, infine, può cercare firme e cru che hanno segnato il passo—La Court, Pomorosso, Bricco dell’Uccellone, La Bogliona—costruendo una piccola verticale domestica: tre annate distanziate nel tempo, stesso vino, stesso vigneto, e il piacere di vedere come la terra parla in dialetti diversi.